L’Incontinenza Urinaria è un sintomo frequente nelle donne che ne compromette, in modo importante, la loro qualità di vita.
Stime basate su indagini di mercato prevedono che l’Incontinenza Urinaria colpisce oltre 4 milioni di donne in età adulta.
L’incontinenza urinaria riconosce diverse cause ma quelle più frequenti sono quelle che causano una alterazione della statica della muscolatura del pavimento pelvico.
In questi casi si parla di Incontinenza urinaria da sforzo, o da stress, e si manifesta con l’aumento della pressione addominale conseguente a colpi di tosse, starnuti, risate, ponzamento o manovra di Valsalva, saltelli, ecc.. E’ tipica del sesso femminile, soprattutto nelle donne che hanno avuto uno o più parti naturali e in quelle in menopausa, ma può insorgere anche nelle nullipare, nelle giovani e nelle sportive. L’incontinenza urinaria da sforzo può essere accompagnata da prolasso uro-genitale. Nel sesso maschile l’incontinenza urinaria da sforzo consegue ad interventi sulla prostata (sia endoscopici che “a cielo aperto”, per patologie benigna e maligna), o ad interventi plurimi e complessi per stenosi dell’uretra posteriore.
La terapia dell’incontinenza urinaria ha subito un notevole sviluppo negli ultimi 30 anni. Alle terapie tradizionali (chirurgiche e farmacologiche) si è affiancata e spesso sostituita la terapia riabilitativa.
Le principali metodiche riabilitative per l’incontinenza urinaria sono: La fisiokinesiterapia (FKT), l’elettrostimolazione funzionale (ESF), il biofeedback (BFB) alle quali si aggiunge, in alternativa o contestualmente, la ExMI (Extracorporal Magnetic Innervation).
I protocolli di riabilitazioni non prescindono dalla accurata diagnosi dell’incontinenza urinaria, dall’attenta valutazione delle condizioni cliniche dei pazienti e dal tipo di incontinenza (da sforzo, da urgenza, goccia a goccia o da overflow).
I protocolli di riabilitazione nell’Iincontinenza urinaria da sforzo devono variare in base alle caratteristiche cliniche dei pazienti, al loro grado di partecipazione e motivazione, alla comprensione dell’iter da seguire.
La assenza di effetti collaterali, le ripetibilità e la facile attuazione dei protocolli di riabilitazione fanno si che essi possono essere attuati in tutte le disfunzioni vescico-uretrali; quindi, anche le pazienti considerate a grande rischio di insuccesso (grave I.U., grave insufficienza sfinteriale e pregressa chirurgia pelvica) possono essere sottoposte ad un protocollo intensivo di riabilitazione pelvi-perineale.
Nell’incontinenza urinaria da sforzo il protocollo di riabilitazione prevede sedute trisettimanali (fino a 15 sedute), durante le quali le pazienti vengono sottoposte a FKT, ESF e BFB. La FKT è attuata allo scopo di fare apprendere alla paziente un buon comando perineale, migliorando la forza di contrazione dell’elevatore dell’ano. Questa prima fase è rinforzata con l’applicazione dell’ESF. Questa è eseguita mediante sonde vaginali a due elettrod, a 50 Hz, con corrente bifasica, con tempi di lavoro di 5, 10 secondi ed intervalli di riposo doppi (10, 20 secondi). L’elettrostimolazione endocavitaria può essere sostituita dall’applicazione della ExMI. Questa metodica prevede l’utilizzo di una poltrona alla cui base è posto un emanatore di onde elettromagnetiche terapeutiche. La paziente, senza spogliarsi, è seduta sulla poltrona e la muscolatura del pavimento pelvico è stimolata, con impulsi regolari e cadenzati, a 10/20/50 HZ. Dopo 5/6 sedute, nel momento in cui la paziente raggiunge il controllo della contrazione perineale, viene aggiunto nel protocollo il biofeedback, che noi preferiamo eseguire con sonde vaginali presorie. Mediante il biofedeebck si rinforza il controllo della contrazione volontaria del pavimento pelvico gradualmente, fino a sviluppare pressioni di 100 e oltre cm di H2O, mantenute per periodi crescenti di 5, 10 e 20 secondi. Ad ogni contrazione, graduale o massimale, segue un periodo di riposo doppio rispetto a quello di lavoro (10, 20, 40 secondi). Il protocollo può essere applicato all’I.U. maschile dopo interventi chirurgici eseguiti sulla prostata e sull’uretra ed, ovviamente, le sonde utilizzate sono quelle anali, identiche a quelle utilizzate nell’incontinenza fecale.
I risultati ottenuti dai protocolli di riabilitazione per la cura dell’incontinenza urinaria, variano a seconda le casistiche e sono compresi in un range tra lo 0 ed il 70%. Questa variabilità, seguendo una revisione della letteratura, dipende dalle differenze di applicazione delle metodiche, dalla selezione dei pazienti, dalla durata dei trattamenti. I risultati ottenuti nella nostra esperienza, nei centri di colon proctologia da me diretti, si avvicinano all’90% di guarigioni, anche se poi è difficile dare giudizi definitivi sulla loro durata nel tempo. Possiamo comunque muovere solo considerazioni positive a favore della riabilitazione e possiamo affermare che essa (quando è ben condotta direttamente dal medico o da un terapista della riabilitazione adeguatamente formato) non presenta effetti collaterali, è ripetibile sullo stesso paziente e si può prospettare, nei casi più gravi e nelle recidive, il suo uso propedeutico cronico al fine di mantenere una performance pelvi-perineale ottimale.