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Date visite settembre 2014 (Milano e Amantea)

Date visite settembre 2014 (Milano e Amantea)

AttilioNicastro No Comments

slider6-300 CENTRO MEDICO MONTEROSA MILANO 19 SETTEMBRE – LIFE CENTER AMANTEA 26 SETTEMBRE.

APPUNTAMENTI DI AGOSTO 2014

AttilioNicastro No Comments

attni-slideC 28 e 29 AGOSTO LIFE CENTER – AMANTEA

LA DEFECAZIONE – appunti di fisiologia – tratto dal libro IL DONO NEGATO

AttilioNicastro No Comments

LIBROimgIl concetto dell’ano come organo intelligente è senza dubbio temerario; forse non esprime neanche originalità (sono sicuro che qualcun altro lo abbia già espresso o scritto), ma si basa su alcune basi fondamentali. La prima è correlata all’Io del Medico. Mi spiego. Nel nostro paese la professione medica è caratterizzata dalla diversificazione in branche specialistiche che si occupano settorialmente dei diversi organi ed apparati. Ad esempio le malattie del fegato sono curate dall’epatologo, quelle dei polmoni dallo pneumologo, quelle del cuore dal cardiologo, quelle del cervello e dei nervi dal neurologo e così via. E quelle dell’ano? Per evitare un facile sillogismo che poteva generare un’altrettanta ilarità, è stata creata la figura del proctologo. Ma mentre tutti gli altri possono vantarsi di aver seguito adeguati corsi di specializzazione nelle università nazionali, il proctologo questo non lo può fare. Allora come nasce questa figura specialistica? La maggior parte di noi ha una diversa specializzazione, principalmente chirurgica, poi ha dedicato la sua attenzione alle malattie dell’ultimo tratto dell’apparato digerente. Adesso, andare ad analizzare i motivi per cui un Medico, più o meno giovane, specialista chirurgo, magari pure intraprendente e studioso, concentra il proprio interesse sulle malattie dell’ano significherebbe entrare in un complesso, quanto intricato, percorso che richiederebbe litri di inchiostro e comunque porterebbe lontano da quanto si possa facilmente immaginare.

La verità provata è che le malattie anali semplicemente esistono, come quelle dell’orecchio, del naso, della bocca (riferendoci ad altri orifizi), del cuore e del polmone ed in quanto tali vanno curate. L’assurdo è che mentre esistono corsi di specializzazione per tutti gli altri organi, che possono vantarsi di avere schiere di Medici specialisti pronti alla loro cura, l’ano è orfano di tutto ciò. Inoltre, mentre tutti gli altri specialisti possono sicuramente vantarsi della nobiltà e dell’alta specificità degli organi da loro curati, il timido, cosiddetto Proctologo, già rilegato in un angolo, senza una parte ma certamente con l’arte, non ha potuto fare a meno di appellarsi al proprio Io medico e definire l’oggetto delle sue attenzioni almeno “intelligente”.

Abbandonando, volontariamente, disquisizioni e teorie volte alla consacrazione dell’ano quale organo “nobile”, lasciandoti il giudizio finale, è doveroso da parte mia avallare l’affermazione che l’ano è un organo “intelligente”, intendendo come intelligenza la capacità di adattamento alle differenti situazioni, al fine di trarne i dovuti vantaggi.

La massima espressione funzionale dell’ano si manifesta nel controllo del meccanismo fisiologico che ogni individuo spera di espletare quotidianamente e con soddisfazione, appunto la defecazione. Affermare che il canale anale è solo un condotto di passaggio delle feci è semplice ma altrettanto sbagliato in quanto è proprio l’ano che coordina tutto il complesso meccanismo che porta a tale fenomeno.

Si ritorna alla domanda iniziale: come avviene la defecazione?

Dopo averti lungamente tediato con descrizioni anatomiche complesse, giungiamo all’atto finale. Atto finale, complesso e semplice, che coinvolge un’altra significativa funzione, la continenza.

Per carità, non voglio complicarti la lettura, ma è essenziale puntualizzare anche questo concetto. Defecazione e continenza sono due funzioni fisiologiche intimamente correlate in quanto il controllo della prima determina la manifestazione della seconda.

Per meglio spiegarmi: se durante la giornata avvertissi uno stimolo a defecare in mezzo alla gente, a passeggio, in quel preciso momento si è innescato il meccanismo della defecazione che , se fosse portato a compimento, sarebbe un evento alquanto disdicevole; ebbene, proprio per la condizione ambientale, in quel preciso momento, l’ano interagendo con l’organo pensante, innesca il secondo meccanismo, quello della continenza, impedendo la fuoriuscita del contenuto rettale che altrimenti si depositerebbe, irrimediabilmente, sugli indumenti intimi ed altro. Il tutto avviene nell’ordine dell’attimo e se lo stimolo diventa imperioso, è sempre l’ano che rispondendo alla nostra volontà impedisce l’avverarsi della vergogna.

Tutto questo avviene perché l’ano è un organo intelligente.

Quando, dopo il lungo viaggio, le feci giungono nel retto, questo serbatoio si riempie. L’evento avviene fisiologicamente allorquando nello stomaco giungono quantità di cibo tali da innescare il cosiddetto rflesso gastro-colico. Essendo un riflesso non risponde alla nostra volontà ma  a meccanismi neuro-vegetativi, più o meno complicati, con l’intento di liberare spazio nel tubo digerente al fine di favorire la digestione, l’assimilazione, la trasformazione ed infine l’eliminazione del nuovo arrivato. Il riflesso è anche attivato al risveglio quando, dopo un lungo periodo di digiuno, lo stomaco è pronto a riempirsi con un semplice caffè o con altre sostanze, dopo il pranzo e dopo la cena.

Quindi il retto riceve le feci almeno tre volte al giorno ed è capace, volta per volta, di dilatarsi, adattandosi, per accogliere altro materiale di scarto fino a quando non è scatenato lo stimolo ad evacuare.

A questo punto massima attenazione! Il retto man mano si dilata, si gonfia e, finalmente, urta con le sue pareti contro i muscoli del pavimento pelvico e soprattutto contro gli elevatori dell’ano. In questo muscolo sono localizzati dei piccoli “interruttori”, delle piccolissime “spie”, dei piccoli recettori di segnale che sono attivati quando il retto entra in contatto con il muscolo. Dai recettori parte il segnale, che viaggia lungo il nervo pudendo, a ritroso, verso la colonna vertebrale, giungendo all’origine del nervo, fin dentro il midollo spinale. Giunto a questo livello, istantaneamente, il segnale si sdoppia; un segnale viaggia lungo il midollo spinale e giunge al cervello che riceve il primo messaggio: il retto è pieno. Coerentemente alla sua personalità, il cervello “vuole sapere” di cosa il retto è pieno e per questo, in periferia, proprio a livello sacrale, lo sdoppiamento del segnale permette l’attivazione di un’altra via nervosa, che si re-immette lungo il pudendo fino all’ano, giungendo agli sfinteri. Sempre nello stesso istante, nell’ordine inferiore al microsecondo, lo sfintere anale interno si rilascia, allargando in alto il canale retto-anale (riflesso inibitorio retto-anale), mentre lo sfintere esterno si contrae, chiudendo l’esterno dell’ano (riflesso eccitatorio retto-anale). Tutto questo succede per necessità. In questo istante le feci giungono a contatto con la zona sensibile (direi intelligente) dell’ano, altamente specializzata, ricca di ogni prorprietà necessarie a discriminare la qualità del contenuto rettale, comunicarla al cervello e, contemporaneamente, garantire che tale sostanza non giunga a contatto con le mutande, slip ed altri fantasiosi indumenti. In questo microsecondo tutti noio, grazie all’ano, sappiamo perfettamente che il nostro retto è pieno, che il suo contenuto è di feci solide o liquide o gassose e che non è stato depositato ancora nei nostri rivestimenti esterni. In base a queste precise indicazioni il nostro organo pensante è in grado di elaborare tutti i segnali, sempre istantaneamente, decidere se siamo nelle condizioni ambientali, temporali e sociali per evacuare o ritardare questo evento in un tempo ed in un ambiente socialmente utile.

A questo fine l’ano riveste un ruolo fondamentale, non credi?

Ebbene, immagina di trovarti alla guida della tua auto, su una bellissima strada che attraversa un paesaggio meraviglioso, che ispira ad ascoltare una buona musica ed una guida allegra ma prudente, soprattutto dopo aver mangiato in quell’ottima trattoria, trovata per caso. Il sole mette allegria e spensieratezza, ma ad un certo punto ano, pudendo ed altro, ti fanno capire che il retto è pieno! Ma di cosa? Se il segnale è giusto e ti comunica: è gas! Sei solitariamente alla guida della tua decappottabile, è ovvio avvii il sano svuotamento! Ma prova ad immaginare se il segnale fosse sbagliato, ovvero ti comunica gas invece è diarrea! Povera la tua decappottabile, sarà costretta ad un lungo viaggio, rossa di vergogna.

Questa immagine bucolico-pubblicitaria della campagna umbro-tosco-emiliana, può essere sostituita da situazioni più attinenti alla vita reale. Mi riferisco ad esempio agli atti della vita quotidiana, dei comuni mortali: mentre sei in paralisi nel traffico cittadino, mentre stai camminando per strada, mentre stai a letto, dopo, mentre l’altra persona si è assentata giusto quell’attimo per andare in bagno (a far che?), mentre stai al cinema, in protezione del buio e della folla! Lo faccio tanto chi può dire chi è stato? Al buio, con tutta questa gente, al massimo può far orientare la provenienza della scia flatulente, ma è difficile essere precisi, con i movimenti dell’aria condizionata, tutta la fila occupata; possono essere stati anche quei signori anziani davanti alla mia fila, per loro è naturale che scappi qualcosa. Lo faccio, lo faccio, lo faccio. Ma il segnale è sbagliato! Il film finisce e si accendono le luci.

LA DEFECAZIONE – appunti di anatomia – tratto dal libro IL DONO NEGATO.

AttilioNicastro No Comments

IMG-20120825-00117Come avviene la defecazione? La risposta alla domanda rende necessaria una presumibile noiosa descrizione dell’anatomia umana normale dell’estremità del nostro tronco,per l’esattezza di quello che noi addetti ai lavori chiamiamo pelvi, con il suo contenuto. Volontariamente evito di inserire figure o schemi lasciando alle parole ed alla immaginazione la raffigurazione. La struttura scheletrica della pelvi è costituita dal bacino delimitato posteriormente dall’osso sacro, ai lati del quale si inseriscono le ossa iliache,che oltre ad avere i giusti attacchi per i femori formando le articolazioni delle anche, presenta ampie fosse e le branche ischiatiche che si uniscono in avanti a formare il pube. Nel suo insieme la forma di questa cintura scheletrica ha la forma di un vaso, di un imbuto, con una grande apertura in alto ed una meno ampia nella parte inferiore. L’orientamento del bacino rispetto alla linea verticale del nostro corpo è quello di un vaso rovesciato in avanti, con una naturale diversità tra uomo e donna; infatti il bacino delle donne,oltre ad essere più largo, meno profondo e meno spesso rispetto a quello dell’uomo è anche più inclinato in avanti. La struttura scheletrica del bacino è rivestita dai muscoli. Posteriormente troviamo il muscolo piriforme che dal centro dell’osso sacro si estende lateralmente, a destra e  a sinistra fino ad arrivare al femore. Poco al di sotto del muscolo piriforme, troviamo il muscolo ischiococcigeo,che come lo definisce il nome,dalle vertebre coccigee si dirige lateralmente,sempre nelle direzioni destra e sinistra, per andare a legare su una sporgenza ossea chiamata tuberosità ischiatica. E’ doveroso continuare a tediarti dicendoti che pareti laterali del vaso sono rivestite dal muscolo otturatorio, distinto in interno ed esterno. A questo punto cerca di immaginare un amaca che chiude il fondo del vaso, lasciando dei buchi aperti per permettere un buon drenaggio. Quest’amaca muscolare costituisce il pavimento pelvico. Il muscolo principale del pavimento pelvico è costituito dal muscolo elevatore dell’ano. Immagina di guardarti dall’interno, il muscolo elevatore dell’ano si estende dal pube al coccige ed è formato da due porzioni: una laterale ed una centrale o mediale.  La porzione laterale si inserisce in avanti sul pube e procedendo posteriormente, su un tendine che è un ispessimento della fascia che avvolge il muscolo otturatorio (arco tendineo) e sulla tuberosità ischiatica. Da queste origini (sempre da tutte e due i lati), il muscolo si dirige, scendendo verso il centro del bacino e posteriormente, andando a circondare le porzioni laterali del retto, inserendosi sulla punta del coccige e incrociandosi con le fibre dello stesso muscolo che provengono dall’altro lato. Difficile vero? Ma aguzza ancora la vista dal tuo occhio interno e vedrai che la porzione centrale di questo muscolo, chiamata pubo-coccigea, si distende dal pube al coccige, ma in questo decorso è più volte bucato. Questi fori permettono l’uscita all’esterno del bacino degli organi contenuti nella pelvi. Un primo foro lo troviamo davanti, da questo foro, nella donna fuoriesce la vagina e l’uretra, nell’uomo è contenuta la prostata e l’uretra. E’ logico immaginare come questi fasci muscolari avvolgono le facce laterali della prostata nell’uomo e soprattutto della vagina nella donna e subito dietro si ricongiungono intrecciandosi ed incrociandosi,per poi ancora separarsi per formare un altro foro nel quale si infila l’ultimo tratto del retto. Avvolto il retto il muscolo ricongiunge nuovamente dietro ad esso e prosegue la sua marcia fino a congiungersi con il coccige. Nella consapevolezza che stai per abbandonare la lettura assalito dalla noia e dalla difficile comprensione di quanto sto cercando di descrivere,ti chiedo ancora un po’ di pazienza, anche perché, se hai resistito fino a queste pagine immagino che l’argomento trattato ha suscitato in te interesse e curiosità. Per non rompere il filo di Arianna che lega lo scopo di queste pagine ricordati la prima frase del libro. Anch’io mi sono più volte smarrito nello studio e nella lettura dei testi consultati per comprendere quale filo logico, quale conoscenza e sapienza potessero essere alla base di un antico proverbio calabrese, ma speculando con lo studio e la mente la curiosità è riuscita a battere la noia e se ancora resisti capirai come gli antichi avessero ragione. A questo punto, facendo un respiro profondo, necessario ad affrontare un’ulteriore fatica ti invito a continuare a guardare il tuo corpo, anzi la parte più nascosta del tuo corpo ma questa volta dall’esterno, come se ti mettessi davanti ad uno specchio in una posizione un po’ sconcia, scomoda ma necessaria allo scopo. Potrai in questo modo ammirare il tuo perineo. Parola, questa, che deriva dal greco antico e che significa scroto. Lo scroto è una parte anatomica maschile, ma questo non significa che le donne non abbiano il perineo: forse gli antichi greci amavano studiare più il corpo maschile che quello femminile! Lasciando riposare le menti antiche, il perineo oggi è definito quale parte del nostro corpo che si estende dal pube al coccige e che naturalmente è diverso nei due sessi. Sempre visto dall’esterno, il perineo lateralmente arriva fino alle due sporgenze ossee (tuberosità ischiatiche) che potrai toccare all’interno delle natiche. È facilmente comprensibile come il perineo sia il rivestimento esterno della pelvi, dove sono ben visibili le uscite degli organi interni. Nella parte posteriore è situato l’ano, punto estremo del nostro tubo digerente che è identico nei due sessi, mentre è la parte interiore che determina la differenza. Nell’uomo troviamo appunto lo scroto, con il suo contenuto nella donna l’uscita della vagina o meglio la vulva, con le grandi e piccole labbra, con l’orifizio dell’uretra, con il clitoride ed il monte del pube o meglio di Venere. Quindi è bene evidente come il perineo della donna nella sua parte anteriore, è formato da una cavità, mentre quello maschile è chiuso. Oltre alle ovvie differenze che la tua fantasia mette in evidenza, quello che più interessa è che il perineo anteriore dell’uomo ha una robustezza maggiore di quello della donna; è questo il vero punto debole del “gentil sesso” solo naturalmente se rapportato all’argomento specifico.  Ma ritorniamo alla defecazione ed il pensiero va rivolto all’ano. L’ano è una cavità virtuale circondata da strutture muscolari che ne determinano la chiusura. Queste strutture sono chiamate sfinteri e la loro presenza e funzionalità permette all’individuo di non perdere le sostanze contenute ne l retto. Gli sfinteri anali sono di due tipi: quello più robusto è costituito da fasci di muscolo striato che è sotto il controllo della volontà (del cervello) chiamato anche sfintere esterno per distinguerlo dallo sfintere interno, che è invece un muscolo liscio (involontario), regalato all’ano dal retto, in quanto rappresenta un ispessimento consistente della parete muscolare di quest’ultimo prima di congiungersi con la parte estrema, appunto l’ano. Facendo ancora riferimento alla fantasia, immaginiamo l’ano come un cilindro lungo circa tre centimetri, morbido, elastico che in alto si congiunge con il retto ed in basso fuoriesce dal nostro corpo. Questo cilindro è avvolto dagli sfinteri che lo comprimono, chiudendolo. In alto troviamo lo sfintere liscio, circolare, che si estende per un breve tratto in basso. A circondare lo sfintere liscio in alto troviamo il muscolo puborettale, che nasce dal pube, circonda come una cravatta, una fionda, la parte più alta dell’ano e si dirige di nuovo verso l’osso pubico, strangolando dal dietro verso l’avanti il cilindro anale. Nel suo decorso anteriore questo muscolo è diviso in due fasci, larghi nella donna avvolgendo la vagina lateralmente, mentre nell’uomo  sono uniti e robusti, per separarsi solo posteriormente quando circondano l’ano per poi ricongiunsi subito dietro.  Stesso comportamento ha la porzione profonda dello sfintere anale esterno, intimamente connesso al muscolo puborettale dal quale è difficile separarlo. Infatti lo sfintere anale esterno viene classicamente suddiviso in tre fasci, quello profondo, già descritto, il fascio medio e quello superficiale. Il fascio centrale, quello medio, avvolge l’ano al centro e tramite un tendine lo lega posteriormente al coccige, strangolandolo dal davanti verso dietro. Il fascio di muscolo striato superficiale è detto anche “corrugataore dell’ano”, anch’esso avvolge l’ano, ma nella parte più estrema, quella dello sbocco sulla cute nel solco dei glutei, ancorandolo proprio al tessuto sottocutaneo. La sua contrazione determina l’aspetto caratteristico rugoso dell’orificio anale esterno. Questa descrizione della disposizione degli sfinteri anali è detta della “tripla fionda” e permette di comprendere come l’ano sia perfettamente chiuso da un doppio apparato di sicurezza che lo avvolge, a manicotto, per tutta la sua lunghezza. Il primo manicotto è costituito dallo sfintere interno, muscolo liscio, autonomo dalla volontà, sempre in contrazione, che chiude i due terzi superiori dell’ano. Lo sfintere esterno, muscolo striato, sotto il controllo della volontà, avvolge a sua volta lo sfintere interno ed il canale anale in tutta la sua lunghezza. Questo secondo manicotto muscolare, come tutti i muscoli scheletrici, è dotato di una contrazione continua di base, che contribuisce a sua volta alla chiusura dell’ano per tutta la sua estensione,strangolandolo in diverse porzioni ed in tre direzioni differenti: nella porzione superiore lo strangola verso il pube, nella porzione media verso il coccige, in quella superficiale medialmente sulla cute. La massima espressione dello sfintere esterno avviene quando sotto il comando diretto della nostra volontà, si contrae chiudendo tenacemente l’ano in modo da impedire la fuoriuscita del materiale fecale contenuto nel retto. Il funzionamento della muscolatura del pavimento pelvico e del perineo è sotto il diretto controllo del nervo pudendo. Evitando di tediarti ulteriormente è utile segnalare che questo nervo nasce dalle radici midollari dell’osso sacro e si estende, con varie diramazioni, all’interno della pelvi, andando ad innervare i muscoli ma anche gli organi in essa contenuti. Lungo il suo decorso abbandona l’interno del nostro corpo e si immette in un canale muscolare laterale (di Alcock), per emergere nel perineo a livello delle grandi tuberosità ischiatiche (facendo uno sforzo con la memoria ricordati che questa sporgenza ossea è facile toccarla ai lati della parte più interna dei glutei).  Arrivato nel perineo, il pudendo inerva gli sfinteri anali esterni, l’ano intero, gli organi genitali esterni. Anche se le sue diramazioni più periferiche assumono altri nomi è utile identificare questo nervo solo come pudendo che non solo trasmette gli impulsi dal cervello alla periferia, ma è capace anche di raccogliere le varie sensazioni periferiche ed inviarle alla centrale operativa del corpo umano. Nel nostro specifico il nervo pudendo raccoglie tutte le sensazioni provenienti dall’ano. Il cilindro anale è ricoperto, per oltre la metà della sua estensione interna, da cute. Questa pelle è altamente specializzata; oltre a contenere tutte gli annessi propri del rivestimento cutaneo, contiene altre varietà di tessuti che lo rendono organo complesso e sofisticato: come dire un organo intelligente.

APPUNTAMENTI DI LUGLIO 2014

AttilioNicastro No Comments

attni-slideC3 e 4 Luglio LIFE CENTER AMANTEA – 26 Luglio CENTRO MEDICO MONTEROSA MILANO

APPUNTAMENTI DI GIUGNO

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salaop213-14  Centro Medico Monteriosa- MILANO / 19-20 Life Center – AMANTEA

APPUNTAMENTI MAGGIO 2014

AttilioNicastro No Comments

salaop4 9- 10 MAGGIO CENTRO MEDICO MONTEROSA  MILANO /

15 – 16 MAGGIO LIFE CENTER   AMANTEA

LA VIDEOPROSCOSCOPIA DIGITALE

AttilioNicastro No Comments

ragade analeLe patologie proctologiche hanno un notevole impatto sociale in relazione alla loro incidenza sulla popolazione adulta (30-40%) ed anche se sussistono storiche ritrosie, sono sostanzialmente in costante aumento le richieste di visita specialistica proctologica.

Modernamente il Proctologo, nella pratica diagnostica, ha a disposizione la manometria ano-rettale, l’ecografia endoanale, la colonscopia, l’elettromiografia, oltre ad indagini radiologiche quali la videodefecografia, la TAC e la risonanza magnetica.

La visita proctologica è generalmente agevole, non necessita di una particolare preparazione preliminare da parte del paziente, fornisce importanti indicazioni cliniche,  può svelare patologie la cui diagnosi precoce risulta determinante per le possibilità terapeutiche ( da qui l’importanza di eseguirla in presenza di sintomi, anche di lieve entità). L’elemento più importante della visita proctologica resta comunque l’esame endoscopico e l’anorettoscopia rappresenta l’indagine  che completa il primo approccio alla patologia, mentre le altre indagini strumentali sono generalmente demandate ad un secondo approfondimento diagnostico. Lo strumentario tradizionale dell’anorettoscopia è composto da un manipolo, in differenti materiali, dove sono innestati i tubi proctoscopici monouso di differente lunghezza. Il manipolo può essere dotato di una lente di ingrandimento, di una fonte di illuminazione e di un canale di insufflazione. L’anoscopia è invece condotta con uno speculo aperto, senza l’uso di lenti di ingrandimento e con l’illuminazione diretta di una lampada esterna o con l’innesto diretto di una fonte di luce. Entrambi gli esami tradizionale prevedono la visione diretta del retto e del canale anale da parte del Medico. Data l’importanza dell’anorettoscopia essa dovrebbe essere eseguita di routine durante la visita proctologica. Nella pratica clinica sono molti i fattori che pongono dei limiti a questo esame. Prima di tutto imbarazzante vicinanza del viso dell’operatore con il perineo del paziente, la mancata possibilità di rilasciare una documentazione iconografica adeguata attestante la patologia, l’impossibilità di confrontare oggettivamente esami condotti a distanza di tempo al fine di valutare l’efficacia di una procedura terapeutica. Questi motivi hanno indotto alcuni Specialisti ad attrezzarsi artigianalmente in modo, almeno, di fotografare lo stato patologico osservato, mentre molti altri demandano alla colonscopia a fibre ottiche la risoluzione dei quesiti. La colonscopia è indubbiamente l’esame di scelta per la diagnosi delle patologie colo-rettali, è sempre eseguita nei soggetti a rischio e nei pazienti adulti prima degli interventi proctologici, ma nell’ambito specifico presenta anch’essa dei limiti rappresentati dalla bassa propensione del paziente ad eseguire questo esame in rapporto alla patologia di base, dalla sua ripetizione a breve e medio termine, dai costi e, soprattutto, dalla non facile discriminazione della patologia del canale anale.

Per cercare di superare tali limitazioni nel febbraio 2004 (ormai sono passati ben 10 anni) abbiamo progettato, sperimentato, realizzato e brevettato un Videoproctoscopio® Digitale costituito da un manipolo in alluminio anodizzato, sul quale è impiantata una telecamera digitale a testa separata con una ghiera per la messa a fuoco delle immagini, una fonte di luce allo stato solido con guida a fibra ottica, un canale di insufflazione ed un canale operativo per piccoli interventi e biopsie. Sull’apice del manipolo è posto un aggancio per collegare il tubo proctoscopico monouso. Lo strumento è collegato ad un monitor LCD ad elevata risoluzione e ad un registratore digitale HD dotato di scheda di rete e possibilità di registrare singole immagini su SD card. Abbiamo definito questo esame Videoproctoscopia Digitale® ormai condotta di routine su oltre 5000 pazienti durante la visita proctologica. L’esecuzione della Videoproctoscopia Digitale® non prevede nessuna preliminare preparazione da parte del paziente ed è sempre eseguita al termine dell’esame proctologico. Il paziente resta in decubito sinistro flesso (posizione di Sims), si introduce il proctoscopio monouso lubrificato con il mandrino; sfilato il mandrino si collega il tubo al manipolo del Videoproctoscopio®. L’insufflazione di aria, permette di esaminare le pareti del retto fino a circa 20 cm dal margine anale rilevando il colore della mucosa, la vascolarizzazione, la presenza di alterazioni morfologiche (neoformazioni, ulcerazioni, ecc.) e in questi casi eseguire biopsie, per lo studio istologico, introducendo la pinza da biopsia endoscopica attraverso il canale apposito. Ritraendo lentamente il proctoscopio è possibile esaminare in dettaglio tutta la superficie rettale fino alla giunzione dove è possibile rilevare la presenza di un eventuale rettocele. Ritraendo lo strumento fino alla linea pettinata, il paziente è invitato a ponzare al fine di mettere in evidenza la presenza di prolasso mucoso e/o la progressiva dilatazione dei plessi emorroidali. La ritrazione lenta del tubo e la contemporanea insufflazione permette lo studio del canale anale, sia in dilatazione che a riposo, con la rilevazione delle caratteristiche morfologiche fino al margine cutaneo. L’orificio esterno e la regione perianale sono studiate poggiando direttamente l’estremità del tubo sulla superficie da esaminare. Le immagini ingrandite sono trasmesse sul monitor LCD posto di fronte ed a distanza dal Medico e contemporaneamente registrate sull’HD digitale. Al termine è possibile rivedere il video a velocità normale, in moviola e fermo immagine, registrare le immagini su SD card, spiegare la patologia al paziente dal vivo e rilasciare una documentazione iconografica.

La Videoproctoscopia Digitale®  ha permesso di superare molte delle limitazioni poste dagli esami endoscopici tradizionali, rilevandosi uno strumento di notevole utilità nella pratica quotidiana di un centro di proctologia, dimostrando un’ottima discriminazione diagnostica. Inoltre, la Videoproctoscopia Digitale® dimostra ulteriori vantaggi in quanto è registrata ed archiviata su un supporto digitale, quindi può essere rivista e rivalutata anche a distanza di tempo, da essa può essere rilevata una documentazione iconografica significativa dell’esame (utile anche ai fini medico-legali) da consegnare al paziente in forma di referto, offre la possibilità di ripetere l’esame a breve e medio termine e quindi di confrontare due o più esami dello stesso paziente al fine di seguire l’evoluzione della patologia e valutare l’efficacia della terapia. La Videoproctoscopia Digitale, per le sue qualità, rappresenta anche uno strumento utile ai fini della didattica.  Infine, un ultimo beneficio per il Medico è quello di seguire l’esame con gli occhi fisicamente distanti dalle parti anatomiche da esaminare.

 

IL CORAGGIO DI VINCERE

AttilioNicastro No Comments

IMG_0314Ho avuto modo di conoscere Gregorio Di Paola.  Questo nome, letto sull’agenda degli appuntamenti di quel giorno non mi suggeriva niente; la Segretaria mi riferiva sarebbe stata la prima volta che visitavo il Signor Di Paola e che era il primo paziente della giornata.  Sono convinto che anche a tutti voi che state leggendo, il nome Gregorio Di Paola non suggerisce niente di importante. Non è un politico, né uno dello spettacolo e nemmeno un calciatore (ho cercato di suggerire le categorie più importanti dell’Italia moderna); ma Gregorio Di Paola ha una cosa in comune a molti: è portatore di una colostomia. Niente di speciale, un paziente unico come tutti gli altri, che avrà problemi legati alla dieta, all’irrigazione o qualcosa di altro. Davanti a me invece si è presentato un giovanotto di 73 anni, pieno di vitalità, con degli occhi incredibilmente pieni di curiosità e sincerità verso la vita. Alle prime battute, mi ha ricordato che avevamo avuto un primo contatto telefonico qualche tempo prima e che veniva dalla Sicilia (terra incredibilmente bella). Dalle prime parole, avevo avuto la sensazione che c’era qualcosa di diverso nella storia di quest’uomo, dal suo vissuto alla sua malattia. Invece mi sbagliavo, erano semplicemente le sue parole a rendere diverso il tutto. Una storia di vita come quella di tanti siciliani; prima gli studi fino alla maturità liceale (fonte di riscatto sociale per le classi operaie), poi l’arruolamento come sottufficiale nell’Arma dei Carabinieri con la conseguente emigrazione dalla sua Terra.

La prima disavventura di salute lo porta alle dimissioni dall’Arma. Sempre da emigrato, ma con la sua “sicilitudine” addosso, cambia vita e in breve copre ruoli dirigenziali nella promozione commerciale di grandi aziende. Ebbene, quanti di voi possono raccontare gli stessi sacrifici e l’impegno che hanno costruito e stravolto la loro vita nel dopo guerra.

Storie più o meno simili, forse alcune più fortunate, altre sfortunate, ma tutte raccontano come erano belli e duri quegli anni. Nel pieno del suo successo professionale Gregorio non riesce a resistere al richiamo che tutti noi conosciamo; ritorna nella sua Sicilia, sicuro di arricchire con la sua esperienza molte delle potenzialità produttive della regione; ma il lavoro non va e Gregorio comincia a viaggiare, lasciando la sua famiglia a Catania. Ma ecco l’imprevisto, “la Malattia”, il tumore del retto, il male che ti assale e ti ferisce nella tua integrità fisica e psicologica; Gregorio a poco più di quaranta anni e si ritrova pensionato per causa civile.

Ma è a questo punto che la storia di Gregorio Di Paola diventa “importante”, è a questo punto che il suo racconto diventa ancora più passionale ed io lo lascio raccontare, guardando i suoi occhi vivaci e sinceri, che tradivano il vero spirito di Gregorio: il coraggio di vincere.

E lui non si ferma, decide di vincere ancora e il tumore del retto è sconfitto.  Raccontata in questo modo sembra una storia eroica, ma non lo è; è solo una storia vera, come quella di molti di voi; la lotta decisa contro il “Male” non è semplice, non si esce vincitori senza le necessarie, profonde, frustranti, indicibili “ferite” che deturpano non solo il corpo, non solo il cervello, ma prima di tutto la “dignità” dell’essere umano. Ma Gregorio, giovane ma “invecchiato” dalla lotta, non sia abbandona e ricomincia, si reinventa e nella sua Terra, difficile, crea una società di servizi per la grande produzione e distribuzione commerciale.

Un’altra bella battaglia che lo vede vincente, ma lui ha un “tarlo”, anzi pensa che è giunto il momento di “cambiare vita” e finalmente coronare il sogno di sempre. Così si iscrive all’Università, non quella per anziani, al Corso di Laurea di Giurisprudenza; segue regolarmente le lezioni (con i suoi colleghi ventenni che gli riservano il primo posto, per ovvi motivi di rispetto e anche perché si erano accorti che, per un uomo dell’altro secolo, poteva essere difficoltoso seguire dagli ultimi e lontani banchi), studia e lavora, sostiene gli esami regolarmente, senza non poche difficoltà ed infine il 30 Gennaio 2001, Gregorio Di Paola, nell’Aula Magna di Villa Cerami dell’Università di Catania, si laurea in Giurisprudenza discutendo la tesi dal titolo “Grande distribuzione commerciale e finanziamenti comunitari”, relatore il prof. Rosario Sapienza.

Il racconto di Gregorio è lungo ed io ancora non trovo il coraggio di interromperlo, anche perché prima o poi lui mi avrebbe dovuto “raccontare” i suoi sintomi, il motivo vero perché era partito da Catania ed era arrivato a Roma.

E finalmente arriva al dunque: la colostomia dava qualche problema. Dopo anni di irrigazione e benessere, lamentava un fastidio che psicologicamente lo metteva a disagio in quanto all’età di 73 anni, con una Laurea fresca in tasca era logico che lui, Gregorio Di Paola iniziasse il suo praticantato, presso uno studio di Catania, per diventare Avvocato esperto in Diritto Comunitario.  Io spero che i consigli che ho dato a Gregorio abbiamo avuto un buon risultato sul suo “stato di salute”, ma credo che il racconto della sua vita (che egli mi ha autorizzato a raccontare nel modo in cui io ritenevo di farlo), sia la terapia più efficace per molti di voi che state leggendo e voglio terminare questo articolo “inusuale” non con le mie ma con le parole di Gregorio Di Paola:

“Penso che fermarsi, sentirsi arrivato non sia giusto. La vita deve continuare ad avere il suo corso finché il corpo la sostiene.

Bisogna andare avanti non soltanto per sapere ancora, per approfondire la conoscenza, ma anche per spenderla, per poterla dare”.

LA PREVENZIONE: COME, QUANDO E PERCHE’.

AttilioNicastro No Comments

dcp3 (2)Da molto tempo il Ministero della Salute ha lanciato una campagna, attraverso tutti i mezzi di comunicazione, contro il fumo. Si è persino ipotizzato di sospendere i Medici dal loro incarico se sorpresi a fumare durante lo svolgimento della loro attività.

Niente di più giusto.

Ormai siamo certi dei danni provocati dal fumo di sigarette sulla nostra salute, siamo perfettamente consapevoli dei rischi ed è un dovere da parte delle autorità di garantire il diritto alla salute dei cittadini, soprattutto di quelli che fumatori non sono e che sono costretti a subire passivamente il malcostume altrui.

Dobbiamo augurarci che questa campagna sia solo la prima che il ministero intende avanzare contro tutte le dipendenze, in quanto siamo altrettanto consapevoli di quali danni alla nostra salute provochi ad esempio l’alcool, e quanti danni l’alcolismo provochi in Italia e quali effetti distruttivi esso abbia sulla persona e su chi gli vive intorno.

Dovremmo prendere atto di quanto sia dannosa una cattiva alimentazione, una vita povera di movimento, delle eccessive privazioni alimentari, delle contaminazioni dell’ambiente e di tante altre cose.

 

Negli ultimi anni vi è molta più informazione nell’ambito della tutela della salute pubblica ed anche le varie riforme fatte hanno messo l’accento sull’importanza della prevenzione.

Da questa riflessione è nata la considerazione che il web rivestite sicuramente un ruolo importante nella tutela della salute  e sono altrettanto consapevole che “navigatori” ormai non sono solo i “pazienti” ma anche le persone che li circondano.

Ricevo numerosa corrispondenza da parte vostra, ma sempre più spesso le domande mi vengono rivolte da figli e figlie, padri e madri, mogli e mariti dei pazienti a testimonianza di come è coinvolgente il problema “malattia” e di come i “non pazienti” siano direttamente interessati e partecipi.

Di fronte a tale panorama mi sono chiesto se non fosse giusto dedicare uno spazio ai  “non malati”, a coloro che con pazienza si fanno carico dei problemi quotidiani di chi necessita di attenzione in quanto “malato”, e la scelta dell’argomento è la Prevenzione.

Sono consapevole di poter suscitare allarmismi, ansie e paure, ma sono altrettanto convinto dell’importanza dell’argomento per questo in maniera franca tratterò la prevenzione delle malattie intestinali.

Bisogna partire dal principio, ormai a molti noto, che nella stessa famiglia esistono casi simili di malattie, fra queste le malattie intestinali con più ricorrenza nello stesso ceppo sono la poliposi familiare, le malattie infiammatorie e quelle tumorali.

Negli ultimi decenni le ricerche genetiche hanno ormai individuato i geni che trasmettono molte di queste malattie primo fra tutti il gene correlato allo sviluppo del cancro del colon-retto e della poliposi, mentre una trasmissione familiare è stata dimostrata in molti casi di rettocolite ulcerosa e Morbo di Crohn. Questo non significa che chi ha in famiglia una persona colpita da una di queste malattie si ammala sicuramente della stessa, ma solo che vi è una aumentata possibilità in quel gruppo familiare che la malattia si ripresenti.

Di fronte a tale realtà la prevenzione gioca un ruolo fondamentale; infatti è bene ricordare come il carcinoma del colon-retto nella sua fase iniziale si manifesta come polipo benigno e solo il suo lento accrescimento e la sua trasformazione porta allo sviluppo del carcinoma. A tale proposito è stato calcolato che la trasformazione polipo-carcinoma avviene in circa 2 anni. Seguendo questo semplice ragionamento non è difficile comprendere l’importanza di cogliere la malattia nella sua fase benigna e quindi l’importanza di eseguire i necessari controlli.

Le stesse considerazioni possono essere fatte per le malattie infiammatorie che se svelate nella loro fase iniziale possono essere facilmente trattate con le adeguate terapie dietetico-farmacologiche.

Allora prevenire è obbligo e la prevenzione diventa necessaria nei familiari dei pazienti  colpiti da neoplasie e malattie infiammatorie intestinali.

E’ opportuno fare delle distinzioni fra i due tipi di malattie ed anche sui familiari che debbono eseguire gli opportuni controlli.

Innanzitutto nella prevenzione delle  malattie neoplastiche devono essere coinvolti i familiari diretti cioè figli/e, fratelli e sorelle, genitori. Il controllo obbligatorio per tutti è la colonscopia, esame che più di ogni altro mette in evidenza il problema, che permette di eseguire biopsie e quindi lo studio istologico, di risolvere definitivamente il problema se si scopre un polipo, che può essere asportato durante l’esame senza un intervento demolitivo maggiore.

La colonscopia deve essere eseguita da tutti i familiari una prima volta al momento della presentazione della malattia in un congiunto; se l’esame è negativo deve essere ripetuto dopo due anni solo dai familiari che hanno superato i 40 anni di età. In tutti i casi deve essere consigliata una alimentazione varia che preferisca il consumo di fibre vegetali e pesce a scapito della carne.

Anche nel caso delle patologie infiammatorie è consigliata l’esecuzione della colonscopia che nel caso del M. di Crohn viene completata con una ileoscopia. Vista la precocità di insorgenza di queste patologie è bene sottoporre a controlli clinici annuali soprattutto i giovani  ai quali verrà indicato l’esecuzione di esami strumentali solo in caso di sospetto (dolori addominali, diarrea, perdita di sangue, ecc.).

Il controllo endoscopico annuale è invece obbligatorio nei parenti diretti di primo grado dei pazienti con poliposi familiare.

Quanto scritto rappresenta una prevenzione secondaria, in quanto viene rivolta ad una popolazione cosiddetta “a rischio” e quindi più esposta alla malattia.

E’ opportuno eseguire una prevenzione primaria educando le persone ad una adeguata e corretta alimentazione e stile di vita, a prevenire e combattere la stitichezza ( fattore di rischio importante per i tumori del colon e del retto), ad eliminare i rischi esterni nella insorgenza dei tumori (vita sedentaria, fumo, alcool, ecc.) e soprattutto invitare tutta la popolazione giovane adulta (al di sopra dei 50 anni) ad eseguire una visita specialistica colonproctologica (completata con una anorettoscopia o meglio una videoproctoscopia digitale), la ricerca del sangue occulto nelle feci, una colonscopia, per la prevenzione del cancro del colon-retto che resta la seconda causa di malattia neoplastica nel nostro paese.