ATTENZIONE!
Il Dott. Nicastro riceve in Puglia, presso il suo Studio in Piazza Ludovico Ariosto n°9 Lecce. Per INFO e APPUNTAMENTI, contattare la segreteria generale di Roma (0665975188)
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L’Incontinenza Urinaria è un sintomo frequente nelle donne che ne compromette, in modo importante, la loro qualità di vita.
Stime basate su indagini di mercato prevedono che l’Incontinenza Urinaria colpisce oltre 4 milioni di donne in età adulta.
L’incontinenza urinaria riconosce diverse cause ma quelle più frequenti sono quelle che causano una alterazione della statica della muscolatura del pavimento pelvico.
In questi casi si parla di Incontinenza urinaria da sforzo, o da stress, e si manifesta con l’aumento della pressione addominale conseguente a colpi di tosse, starnuti, risate, ponzamento o manovra di Valsalva, saltelli, ecc.. E’ tipica del sesso femminile, soprattutto nelle donne che hanno avuto uno o più parti naturali e in quelle in menopausa, ma può insorgere anche nelle nullipare, nelle giovani e nelle sportive. L’incontinenza urinaria da sforzo può essere accompagnata da prolasso uro-genitale. Nel sesso maschile l’incontinenza urinaria da sforzo consegue ad interventi sulla prostata (sia endoscopici che “a cielo aperto”, per patologie benigna e maligna), o ad interventi plurimi e complessi per stenosi dell’uretra posteriore.
La terapia dell’incontinenza urinaria ha subito un notevole sviluppo negli ultimi 30 anni. Alle terapie tradizionali (chirurgiche e farmacologiche) si è affiancata e spesso sostituita la terapia riabilitativa.
Le principali metodiche riabilitative per l’incontinenza urinaria sono: La fisiokinesiterapia (FKT), l’elettrostimolazione funzionale (ESF), il biofeedback (BFB) alle quali si aggiunge, in alternativa o contestualmente, la ExMI (Extracorporal Magnetic Innervation).
I protocolli di riabilitazioni non prescindono dalla accurata diagnosi dell’incontinenza urinaria, dall’attenta valutazione delle condizioni cliniche dei pazienti e dal tipo di incontinenza (da sforzo, da urgenza, goccia a goccia o da overflow).
I protocolli di riabilitazione nell’Iincontinenza urinaria da sforzo devono variare in base alle caratteristiche cliniche dei pazienti, al loro grado di partecipazione e motivazione, alla comprensione dell’iter da seguire.
La assenza di effetti collaterali, le ripetibilità e la facile attuazione dei protocolli di riabilitazione fanno si che essi possono essere attuati in tutte le disfunzioni vescico-uretrali; quindi, anche le pazienti considerate a grande rischio di insuccesso (grave I.U., grave insufficienza sfinteriale e pregressa chirurgia pelvica) possono essere sottoposte ad un protocollo intensivo di riabilitazione pelvi-perineale.
Nell’incontinenza urinaria da sforzo il protocollo di riabilitazione prevede sedute trisettimanali (fino a 15 sedute), durante le quali le pazienti vengono sottoposte a FKT, ESF e BFB. La FKT è attuata allo scopo di fare apprendere alla paziente un buon comando perineale, migliorando la forza di contrazione dell’elevatore dell’ano. Questa prima fase è rinforzata con l’applicazione dell’ESF. Questa è eseguita mediante sonde vaginali a due elettrod, a 50 Hz, con corrente bifasica, con tempi di lavoro di 5, 10 secondi ed intervalli di riposo doppi (10, 20 secondi). L’elettrostimolazione endocavitaria può essere sostituita dall’applicazione della ExMI. Questa metodica prevede l’utilizzo di una poltrona alla cui base è posto un emanatore di onde elettromagnetiche terapeutiche. La paziente, senza spogliarsi, è seduta sulla poltrona e la muscolatura del pavimento pelvico è stimolata, con impulsi regolari e cadenzati, a 10/20/50 HZ. Dopo 5/6 sedute, nel momento in cui la paziente raggiunge il controllo della contrazione perineale, viene aggiunto nel protocollo il biofeedback, che noi preferiamo eseguire con sonde vaginali presorie. Mediante il biofedeebck si rinforza il controllo della contrazione volontaria del pavimento pelvico gradualmente, fino a sviluppare pressioni di 100 e oltre cm di H2O, mantenute per periodi crescenti di 5, 10 e 20 secondi. Ad ogni contrazione, graduale o massimale, segue un periodo di riposo doppio rispetto a quello di lavoro (10, 20, 40 secondi). Il protocollo può essere applicato all’I.U. maschile dopo interventi chirurgici eseguiti sulla prostata e sull’uretra ed, ovviamente, le sonde utilizzate sono quelle anali, identiche a quelle utilizzate nell’incontinenza fecale.
I risultati ottenuti dai protocolli di riabilitazione per la cura dell’incontinenza urinaria, variano a seconda le casistiche e sono compresi in un range tra lo 0 ed il 70%. Questa variabilità, seguendo una revisione della letteratura, dipende dalle differenze di applicazione delle metodiche, dalla selezione dei pazienti, dalla durata dei trattamenti. I risultati ottenuti nella nostra esperienza, nei centri di colon proctologia da me diretti, si avvicinano all’90% di guarigioni, anche se poi è difficile dare giudizi definitivi sulla loro durata nel tempo. Possiamo comunque muovere solo considerazioni positive a favore della riabilitazione e possiamo affermare che essa (quando è ben condotta direttamente dal medico o da un terapista della riabilitazione adeguatamente formato) non presenta effetti collaterali, è ripetibile sullo stesso paziente e si può prospettare, nei casi più gravi e nelle recidive, il suo uso propedeutico cronico al fine di mantenere una performance pelvi-perineale ottimale.
L’incontinenza fecale o anale è l’incapacità di ritardare volontariamente l’evacuazione in un tempo ed in un luogo socialmente idonei. Si riconoscono due tipi di incontinenza fecale: 1) Totale, quando si ha la perdita, involontaria, anche di feci normoconformate, 2) Parziale, quando si ha la perdita involontaria soltanto di feci liquide e/o gassose. Anche se in Italia non esistono dati sicuri sulla sua incidenza nella popolazione, l’incontinenza fecale rappresenta un problema sociale di grande rilevanza, soprattutto in rapporto alla qualità di vita dei pazienti. Le cause dell’incontinenza fecale sono molteplici (traumi del bacino, turbe psichiche e neurologiche), ma le più frequenti sono rappresentate dagli interventi chirurgici eseguiti sul retto, sull’ano e sulla regione perianale che possono provocare lesioni dirette dei muscoli sfinteriali. Nelle donne la muscolatura del pavimento pelvico e più direttamente, gli sfinteri anali, possono essere lesi anche in seguito ad interventi ostetrici o a lacerazioni durante il parto. Inoltre le malattie ano-rettali, quali il prolasso, la ragade anale, le emorroidi di grado elevato, se persistono da un lungo periodo di tempo possono condurre alla incontinenza fecale. Per una corretta ed adeguata terapia dell’incontinenza fecale è necessario quantificare il danno funzionale ed anatomico a carico degli sfinteri mediante un’attenta e scrupolosa Visita proctologica, completata con una Videoproctoscopia Digitale, la Manometria e l’ Ecografia Endoanale con sonda rotante a 360°, mentre più raramente si fa ricorso all’Elettromiografia del pavimento pelvico, degli sfinteri anali, studio dei tempi di latenza del Pudendo ed alla Defecografia, oggi sostituita con la RMN pelvi-perianeale dinamica. Le lesioni gravi degli sfinteri (con deficit superiore al 50%) devono essere trattate chirurgicamente; In questi casi l’intervento prevede la ricostruzione plastica della muscolatura, con riparazione diretta degli sfinteri. Se l’incontinenza fecale è dovuta ad una patologia benigna dell’ano-retto (prolasso, ragade, emorroidi etc.) la risoluzione chirurgica di questa, a sfintere integro, riconduce alla continenza. Nel caso si associ una lesione sfinteriale, occorre completare l’intervento con una sfinteroplastica. Se il danno funzionale degli sfinteri è di piccola o media entità, è possibile procedere ad un trattamento riabilitativo allo scopo di potenziare la forza contrattile dello sfintere striato anale. Gli originali protocolli di riabilitazione dell’incontinenza fecale utilizzando metodiche di Fisiokinesiterapia, Elettrostimolazione e Biofeedback che vengono impostate in base alle caratteristiche cliniche del paziente. Ogni seduta ha la durata di circa 60 minuti e viene ripetuta tre volte a settimana. Durante il trattamento, il paziente viene sottoposto a periodici controlli specialistici per la valutazione del miglioramento, in termini di durata e di forza di contrazione, degli sfinteri anali.
Il termine di Riabilitazione, in Colonproctologia, è identificato con l’assistenza pluridisciplinarIe dei pazienti portatori di stomie. La riabilitazione prevede il recupero psico-fisico e sociale, la cura dello stoma, il recupero della continenza. Quest’ultimo obiettivo ha permesso un primo approccio “non chirurgico” alla risoluzione della incontinenza fecale presente nei soggetti non stomizzati.